In realtà a me col tempo mi è venuta una paranoia. Tipo come quando uno sente le voci.
Da un po’ di anni, da quando sono diventato poeta avventuriero professionista (PAP) sento queste voci che mi dicono: “guarda che tu sei mica un poeta, sei un’ altra cosa”.
Tipo un comico, tipo un cabarettista.
Non è proprio che sento le voci, è che arriva gente in carne ed ossa che mi dice: “guarda che Tizio dice che tu sei mica un poeta, sei un cabarettista”, oppure: “guarda che Caio dice che le tue son mica poesie, son un’altra roba ma son mica poesie”, o ancora: “guarda che Sempronio ecc. ecc.”.
Ora, apparte il fatto che è un mio sogno fin da bambino conoscere uno che si chiama Sempronio, a me col tempo mi è venuto come una forma di nervoso patologico, come un discorso di complesso di inferiorità latente per colpa di questi tre stronzi.
Chi mi conosce sa che a me piacerebbe fare a botte. Solo che non ci riesco mai. A me piacerebbe fare a botte in qualità di poeta. Come Bukowski che faceva sempre a botte. Io invece non riesco mai, e se un giorno Sempronio si facesse coraggio, venisse da me e con tono di sfida e di disprezzo mi dicesse che le mie poesie non sono poesie io potrei finalmente sfogare questo mio istinto primordiale di fare a botte.
Solo una volta sono riuscito a fare a botte in qualità di poeta.
Tanti anni fa ero sul palco di un locale di Torino e leggevo le mie poesie, e a un certo punto un drogato con gli occhi viola si è messo sotto il palco e teneva un piccolo cane in mano e davanti a tutti si è messo a insultarmi. Fondamentalmente affermava che io fossi un frocio. Non so perché. Probabilmente leggevo delle poesie che nel suo cervello di drogato gli facevano questo effetto che io ero omosessuale e lui ce l’aveva con me.
Siccome nessuno interveniva a togliermi dalle palle il drogato con il piccolo cane in mano, io ho continuato a leggere le mie poesie e lui continuava a insultarmi dicendo anche altre cose molto volgari che non ricordo. Poi si è andato a sedere fuori, dietro il palco, nel dehor.
Quando ho finito, sono andato a trovarlo per chiedergli spiegazioni.
Lui da seduto ha continuato a dirmi delle cose spiacevoli e a toccarmi il tronco.
Allora io mi sono innervosito e gli ho dato una spinta, e siccome lui era drogato è cascato dalla sedia col cane e tutto. Poi si è rialzato. Io mi son tolto gli occhiali e lui mi ha sferrato un pugno. Per fortuna era drogato e pur avendo mirato al volto mi ha preso la spalla. Con una certa forza, devo dire. Infatti son cascato a terra. Poi mi sono rialzato per ucciderlo e bere il suo sangue ma per fortuna è intervenuto il cuoco cocainomane e ci ha divisi sbattendo finalmente fuori dal locale il drogato e il suo piccolo cane.
Tutto ciò per dire: Sempronio se ti va, una volta ci vediamo da qualche parte, ci beviamo qualche litro di birra e ci scassiamo di botte, che io, anche se non pare, sono atto.
Venendo ai giorni nostri, stasera, giovedì 21 di ottobre dell’anno 2010, inizia un torneo di slam poetry qui in Torino, organizzato dal sottoscritto e dai poeti avventurieri Alessandra Racca e arsenio bravuomo.
L’abbiamo chiamato “Poeti in Lizza” che secondo me è un bellissimo nome.
Per chi non sa cosa sia un poetry slam, il poetry slam è una gara tra poeti che recitano le loro poesie e vengono giudicati da una giuria estratta dal pubblico.
C’è gente che dice che una gara di poeti e poesie non si dovrebbe fare.
Essi, probabilmente, si chiamano Tizio, Caio e Sempronio.
In verità la gara di poeti è un affare estremamente interessante, divertente e utile, a mio avviso. Quando io non ero ancora un PAP ho partecipato a un sacco di slam e queste esperienze hanno forgiato il mio spirito, ché, se è vero che l’importante è partecipare e divertirsi, è anche vero che un po’ di sano agonismo serve, soprattutto ai poeti chiusi e frolli.
Chiusi nelle stanzette a guardar dalla finestra e a sognare.
Se vuoi diventare un poeta d’avventura, fai un po’ di slam diceva mio nonno.
Non è vero, non lo diceva, lo dico io.
Ho visto poeti frolli e timidissimi lanciarsi nell’agone e superare i propri blocchi psicocinetici con encomiabile coraggio.
Ho visto poeti con eghi inauditi convinti di essere dei piccoli gesucristi venir annullati da un pubblico che non ci casca.
Il pubblico, ecco. La gente.
Il poeta d’avventura vuole avere a che fare con la gente.
I poeti frolli o egomaniaci della gente non glie ne frega nulla.
Si bastano a sé stessi come con le seghe.
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