sullo striscione di cemento
fondono le gomme
mentre lamiere incandescenti
sudano ferro e puzza
dentro, guidatori cociono
le loro mogli
i loro figli
i loro poveri cani
e le autoradio mandano musiche molto estive
il sole, puttano come non mai
il cielo, sgombero e celeste
vaffanculi e porchemadonne
le puoi leggere sui di loro labbri
io pure ci sono
seduto sulla destra
con piede fuori dal finestrino
e torso gnudo e pallido
poi la vedo
nell’auto vicina
sola solina
tamburella la manina
sul volante
tenendo il tempo
costante
i nostri occhi si incrociano
le mi sorride bene
io pure
poi la sua coda ha un singulto, cristo
e lei avanza in avanti
io dico al mio guidatore “avanza per dio!”
ma lui dice “mica si può, non vedi?”
sì, perché la nostra coda è più lenta
e rimaniamo indietro
adesso, alla mia destra
un ciccione obeso e pela
con canottiera, figli e moglie a carico
lui non sorride, suda
non tamburella, borbotta
con i bambini, dietro, che ormai morti
iniziano, secondo me, a decomporsi
poi però la nostra coda si muove
e meraviglia
di nuovo nuovamente
lei è lì, a distanza di braccio
io le dico “ciao, come va?”
lei scende il volume e dice “ho caldo”
“dove vai?”
“al mare” mi risponde
“nel mio stesso mare?”
“chissà, speriamo”
a sto punto è la mia coda a fare un movimento
io dico “no!”
lei sta zitta ma mi guarda triste
io tendo il braccio
mezzo esco dal finestrino
lei mi prende la mano in mano
e siamo un uno solo
ci teniamo stretti
come se uno di noi stesse appeso coi piedi a penzoloni nello strapiombo
(come nei films americani)
ma la macchina mia va
io mi estrofletto
arrivo praticamente col culo al finestrino
dietro, le macchine bastarde urlano incazzate
le mani nostre, strette, scivolano
“cristo!” io urlo
anche lei urla qualcosa
ma non sento, maledetti clacsons
mi sembra “non mi mollare!”
ma poi troppo fu il dolore
ci lasciammo
il casello infame
troppo veloce, coda maledetta
la guardai scomparire indietro
aveva una macchina verde
e occhi neri
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